La donna del ritratto #2
Quella volta che Holbein esagerò un po' con i ritocchi ed Enrico non fu per niente contento del risultato.
Buona domenica,
come state? Qui tutto più o meno nella norma a parte il fatto che passo ore nello studio del grafico per l’impaginazione del nuovo libro. Direi che il lavoro procede abbastanza spedito e adesso sono nella fase, abbastanza delicata, della correzione dei refusi sulle bozze cartacee. Sto lavorando direttamente sul Mac del grafico in una situazione che però non trovo confortevole; sono la figlia di un farmacista che, per deformazione professionale, era un tipino preciso e molto ordinato. Il mio grafico non lo è e questo ogni tanto mi crea un po’ di ansia. Ma ce la farò.
Colgo l'occasione di questa breve divagazione personale per fare una considerazione. Negli ultimi mesi mi sono chiesta spesso come si fa community nel 2025. Nel 2009 quando ho aperto il blog "Altezza Reale" - qualcuno se lo ricorda? - tantissime persone commentavano i post. Ne sono nate discussioni interessantissime, approfondimenti, qualche lite con porte sbattute ma anche amicizie molto belle e molto solide che durano ancora oggi (ciao Fede, Ale, Francy, Nicoletta, Elisa), poi i blog si sono man mano ripiegati su loro stessi. Il mio al momento attuale è un archivio e funziona anche male perché una persona che mi era stata presentata come bravissima in realtà ha fatto un po' di casino. Poi passaggio sui social ha determinato lo spostamento anche delle community. Su Instagram attraverso le story quotidiane si sono create delle bellissime interazioni e dalla fine del 2019 la mia community è cresciuta moltissimo grazie a una relazione diretta fatta di condivisione quasi a 360 gradi di storia, storie e vita privata.
Tutto ciò adesso non funziona come prima. Le story non sono più così seguite, i reel la fanno da padrona, i miei contenuti su Instagram sono cambiati e non mi sembra ci sia più spazio per altro. Quindi la domanda è "dove e come si dialoga con la community adesso?".
Finita la riflessione (alla quale se lo desiderate potete rispondere nei commenti e vi ringrazio in anticipo per il contributo che mi vorrete dare), oggi parliamo DI NUOVO di storia inglese o meglio del ritratto di una ragazza tedesca che per pochissimi mesi è stata regina d’Inghilterra. Il dipinto, famosissimo perché all’origine di questo sfortunato e breve matrimonio, oggi è al Louvre, precisamente nell’ala Richelieu secondo piano sezione pittori fiamminghi. Come ci è finita l’Anna di Clèves di Holbein al Louvre? Lo scoprirete presto ma andiamo con ordine.
Enrico VIII, nonostante l’età e la decadenza fisica (il re bello e vigoroso degli anni giovanili ha moltissimi problemi di salute ed è diventato enorme), ha ancora pretese notevoli in fatto di donne. Si è dovuto accontentare per anni di una moglie più anziana e presto sfiorita, però le amanti se le è sempre scelte con cura e la nuova consorte che prenderà il posto di Jane Seymour, morta dando alla luce l’atteso figlio maschio, dovrà essere all’altezza della situazione.
Non fidandosi del tutto delle valutazioni degli emissari e degli ambasciatori, il sovrano manda a Düsseldorf il suo pittore di fiducia, Hans Holbein il Giovane che torna a Londra con due bellissimi ritratti, quelli delle due sorelle ancora nubili del duca, Anna e Amalia. Enrico VIII in quel momento ha bisogno di una sposa politicamente interessante che però deve avere anche un certo fascino. Il re incantato dal ritratto sceglie la prima delle due sorelle e il duca di Clèves, feudatario imperiale in pessimi rapporti con Carlo V per una questione di territori, prende l’occasione al volo: Anna servirà a suggellare l’alleanza con un nemico giurato dell’Imperatore.
In un colpo solo il duca piazza una sorella ormai venticinquenne (per l’epoca quindi decisamente stagionata) e diventa cognato del potente sovrano inglese. Titolare di uno Stato minuscolo incastrato fra i possedimenti degli Asburgo, Guglielmo di Clèves ha bisogno di appoggi importanti e al momento può contare solo sull’elettore di Sassonia, il celebre “campione della Riforma” marito dell’altra sorella Sibylla.
La giovane tedesca, che non ha mai messo piede fuori dal ducato e ha ricevuto una educazione superficiale e sommaria è abituata a obbedire al fratello quindi parte, senza discutere, verso un destino ignoto. Purtroppo il primo approccio fra i due promessi sposi è un disastro, Anna non riconosce il re e per un uomo vanitoso come Enrico si tratta di un affronto intollerabile. “Non mi piace” dichiara immediatamente il sovrano che chiede ai suoi consiglieri di trovare un modo legale per evitare il matrimonio e per liberarsi della ragazza. Purtroppo non c’è niente da fare, così il 6 gennaio 1540 queste infauste nozze vengono comunque celebrate. L’unione è da subito un fallimento sotto tutti i punti di vista. Anna non soltanto non è all’altezza delle aspettative (anche se l’ambasciatore francese sostiene che è di media bellezza e ha un’aria risoluta), ma la sua cultura estremamente limitata costituisce un ulteriore problema perché Enrico adora le donne vivaci e intelligenti.
La prima notte - da incubo, almeno per lo sposo – finisce con un nulla di fatto perché, a quanto riportarono i cortigiani, il re “proprio non ce la fa”. A luglio il matrimonio viene sciolto con il consenso della stessa Anna, la quale, per quanto ingenua e poco colta, capisce subito che aria tira alla corte dei Tudor e si fa volentieri da parte. La ex regina rimane in ottimi rapporti con Enrico, ricevendo da lui il titolo un po’ improbabile di “Sorella amatissima”, una buona liquidazione (comprensiva del palazzo di Richmond e del castello di Hever) e una ricca pensione. Non tornerà mai più in Germania troncando, per motivi di scelte religiose, i rapporti con la sua famiglia.
Venti giorni dopo aver messo alla porta Anna di Clèves Enrico si risposa con la giovane, questa volta bellissima e, purtroppo per lei, molto scapestrata, Catherine Howard.
Il re perdona l’amato Holbein ma, come sempre quando si parla di Enrico VIII, un capo espiatorio deve esserci e in questo caso l’unico a rimetterci la testa è Thomas Cromwell, consigliere di Enrico VIII e sponsor delle sfortunate e inutili nozze tedesche.
Anna muore dieci anni dopo Enrico ed è l’unica delle sue consorti sepolta nell’Abbazia di Westminster non lontano dalla tomba di Edoardo il Confessore.
Deluso dalla moglie il re si libera anche del dipinto che, nel 1671 un certo Eberhard Jabach vende a Luigi XIV. Dalle collezioni del Re Sole al Louvre il passo è breve.
Holbein “il Giovane” sopravvive di poco al dipinto che aveva tratto in inganno il suo principale committente. Figlio di Holbein “il Vecchio” si era formato ad Augusta, la sua citta natale che all’inizio del ‘500 si era affermata come uno dei principali centri d’arte rinascimentale della Germania meridionale. Nel 1516 apre una bottega insieme al fratello Ambrosius, poi compie un viaggio di studio in Lombardia e nel nord Italia affina il suo stile. I suoi primi ritratti, di chiara matrice leonardesca, sono già esemplari per forza di penetrazione psicologica e per accuminata resa della realtà fisica dei personaggi. Lo stile di Holbein è presto inconfondibile e accoppia la serena acquisizione di una monumentalità classica, aggiornata sulle ultime novità dell’arte italiana, e un intensissimo realismo “nordico”, una ricerca analitica, persino ossessiva del dettaglio descrittivo sotto una luce ferma e implacabile. Al 1526-28 risale il primo soggiorno in Inghilterra, favorito da Thomas More, cui fa seguito un nuovo viaggio in Italia durante il quale Holbein si confronta con i ritratti “psicologici” di Lorenzo Lotto. Il pittore si trasferisce in Inghilterra intorno nel 1531 e dal 1536 diventa ritrattista della corte reale e della aristocrazia intellettuale inglese. Con Enrico VIII l’artista tedesco stabilisce un rapporto di “complicità” intellettuale che supera gli abituali parametri del gioco di ruolo fra artista e committente. Holbein muore nel 1543, quattro anni prima del sovrano, durante una terribile pestilenza.
Holbein aveva ritratto anche la terza moglie di Enrico VIII, Jane Seymour, quella amatissima perché gli dà l’unico figlio maschio, e il quadro oggi si trova al Kunsthistoriche Museum di Vienna.
Molto probabilmente l’artista dipinto anche Catherine Howard, ma di quest’opera resta solo una riproduzione in miniatura e non c’è neanche la certezza che si tratti proprio della quinta regina di Enrico.
Un altro ritratto “matrimoniale” di Holbein si trova invece alla National Gallery. Cristina di Danimarca, vedova di Francesco II duca di Milano e nipote di Carlo V, posa per soli tre giorni ma l’artista riesce a coglierne l’essenza. A Enrico VIII la ragazza era piaciuta molto, però lei rifiuta la proposta in quanto, fa sapere, ha solo una testa. “Se ne avessi due – spiega – ne offrirei volentieri una al re”. All’epoca le notizie giravano con lentamente ma la fama di Barbablù del re Tudor si stata diffondendo con una certa rapidità.
Ora quando girate per i musei sapete dove andare a cercare le mogli di Enrico VIII. Le altre sono alla National Portrait Gallery, uno dei miei luoghi preferiti a Londra, che ha una collezione bellissima di ritratti reali e non.
Buona domenica, buon inizio settimana e a presto.
Marina
Tutte le mie idee, consigli e suggerimenti su cosa vedere a Londra a tema di royal è qui, nella mia guida digitale Royal London che con il tempo si è arricchita di due inserti, uno è dedicato alle mostre della primavera/estate 2025 mentre l'altro è una guida dettagliata alle Coronation Regalia, cioè il gioielli conservati alla Torre di Londra.
Ciao Marina, come sempre grazie per la newsletter su Holbein. Buona domenica 🌹
Salve, per rispondere alla domanda della sua riflessione credo che oggigiorno un po' tutte le comunità siano interessate a tutti quegli argomenti anche strappalacrime che esprimono la sfera personale, le proprie emozioni e quant'altro includa l'intimità. Anch'io mi ritrovo nella sua riflessione poiché essendo una persona riservata, mai e poi mai scriverei suĺ web le mie emozioni. Personalmente ho anche un altro blog e, siccome in quella piattaforma è da anni che scrivo, diciamo che coloro che mi seguono sono abituati agli argomenti più generici che tratto per cui ho un certo riscontro a differenza invece delle altre piattaforme dove negli ultimi due anni ho provato a scrivere compreso substack, non ho mai avuto nessun riscontro e dalle statistiche sul bl8g che ho da anni, ho notato che quei pochi post che tratto di argomenti più personali, hanno comunque maggior successo e credo checquesti la dica lunga... Naturalmente quanto appena ho scritto, è soltanto la mia impressione più che mai opinabile. Buona giornata.